PNRR & PA Cap. 1 MIGRAZIONE AL CLOUD

Un nuovo tipo di approccio a bandi, finanziamenti e progetti.

PNRR E PA LOCALI

Breve guida per l’avvio e la messa in opera dei progetti 

“PA DIGITALE 2026” finanziati tramite PNRR

Abbiamo aderito ai bandi. E adesso?

A differenza di come eravamo abituati, gli avvisi pubblici accessibili tramite la piattaforma “PA DIGITALE 2026”, creati per indirizzare i fondi PNRR alla transizione digitale della Pubblica Amministrazione, sono di una semplicità estrema. Niente ideazione/creazione e presentazione di progetti specifici, niente reportistica e praticamente, nessuna rendicontazione. Si può accedere solamente tramite delle linee guida prestabilite e secondo obiettivi specifici. Fino a qui, tutto facile e molto meno dispendioso in termini di tempo (mediamente, per partecipare ad un avviso, una PA può impiegare dai 10 ai 15 minuti includendo la firma digitale del Legale Rappresentante). Gli atti di finanziamento stanno arrivando in tempi brevi e tutto sembra filare liscio.

Ora, però, viene il bello. A differenza del numero/tipologia di servizi, abitanti ed altri parametri, per “rifare” il sito internet vi sono Pubbliche Amministrazioni Locali (d’ora in poi, PAL) che riceveranno dai 30 ai 90 mila euro, per “spostare” sul cloud i propri applicativi, diverse altre decine di migliaia di euro e via di seguito, per ognuna delle misure che possono essere finanziabili.

Dai primi calcoli un Comune tra i 5.000 ed i 25.000 abitanti potrà ricevere finanziamenti a fondo perduto tra i 140.000€ ed i 325.000€.

Riusciremo a fare in modo che questa enorme quantità di denaro, facilmente accessibile possa essere spesa per innovare, facilitare la vita del personale e dei cittadini?

Entriamo più nello specifico ed analizziamo gli avvisi pubblicati “caso per caso” partendo, oggi, dalla misura 1.2 “Abilitazione al Cloud per le PA Locali”.

 

 

Misura 1.2: migrazione al “cloud” 

Una parte importante dei fondi del progetto PA digitale 2026 sono destinati a far adeguare le PAL alle indicazioni dettate dal Piano Triennale per l’Informatica, secondo i dettami di Agid.

Già da diversi anni, una delle misure necessarie per adeguarsi a quanto sopra, era lo spostamento dei server/software/dati su servizi cloud certificati, per l’appunto, da Agid.

Non è questa la sede per analizzare i pro ed i contro delle infrastrutture on premise (con i “server” presso la sede della PA) piuttosto che cloud, anche se negli ultimi mesi l’aspetto della sicurezza l’ha fatta da padrone e la corsa al cloud sta rallentando, successivamente alle evidenze dei furti di dati e accessi indiscriminati.

In linea generale non si può affermare che il cloud sia più o meno sicuro rispetto ad avere delle infrastrutture “in casa”, in entrambi i casi è necessario uno studio preliminare ed una grande attenzione agli aspetti della sicurezza, della funzionalità e non ultimo, dei costi.

Torniamo, però, alla misura 1.2 “migrazione al cloud”. Esiste la possibilità di aderire all’avviso con due modalità operative:

  • Trasferimento in sicurezza dell’infrastruttura IT
  • Aggiornamento in sicurezza di applicazioni in Cloud.

Nello specifico, di cosa stiamo parlando?

Il primo caso “trasferimento in sicurezza” equivale a spostare i server (fisici o virtuali) dalla sede della PAL ad uno dei siti certificati da Agid (Tim, Acantho, Lepida ecc.) dove possono essere ospitati. Si tratta di mantenere gli stessi applicativi e software, ma facendo in modo che i propri server non siano più nel locale CED. Vengono spostati in “housing” (affitto dello spazio, corrente, sicurezza ecc.) presso un fornitore certificato.

Quali i vantaggi e le problematiche?

Partiamo da quanto denaro si riceve per l’operazione: molto meno che per l’opzione 2, ed è normale, visto che non è necessario dotarsi di nuovi software e procedure.

I vantaggi in termini di sicurezza sono innumerevoli, per le strutture che non sono dotate di un CED interno molto organizzato, le “server farm” certificate rispondono a criteri di sicurezza fisica decisamente superiori. Dal punto di vista logico, però, non cambia nulla, se non che dobbiamo essere sicuri che la PAL sia dotata di connettività di alto livello (almeno Fibra nelle ordine delle centinaia di Mbps sia in upload che download) per fare in modo che non vi siano rallentamenti nell’utilizzo delle applicazioni.

Il secondo caso, invece, contempla che le procedure ed i programmi vengano aggiornati, nel momento in cui vengono “spostati” in cloud. Vuol dire che le software house di riferimento dovranno dotare la PAL di procedure aggiornate e certificate per funzionare in cloud. I fondi che si ricevono per questo tipo di operazione sono decisamente superiori (nell’ordine di 2 o 3 volte maggiori) rispetto a quelli per l’opzione 1.

Nella gran parte dei casi le software house non “portano” i server presso strutture esterne, ma semplicemente ospitano i propri programmi per conto delle PA presso i loro server, in strutture certificate Agid.

E’ meglio “spostare i server in sicurezza” o “aggiornare i programmi e migrarli in cloud”?

Guerra Informatica

La risposta non è univoca. in generale, l’opzione 1, del semplice “spostamento” in cloud consente di non dover cambiare applicativi e procedure, quindi, aldilà dell’impatto economico di gran lunga inferiore, non necessita di dover intervenire a livello di formazione e/o sulla produttività degli utenti.

C’è da aggiungere che, mentre nell’opzione 1 le spese saranno eventualmente destinate ad un rinnovo e adeguamento dell’hardware e delle licenze (Esxi piuttosto che sistemi operativi ecc.), oltre ad un canone annuale di “housing” per i propri server; con l’opzione 2, si stà innescando una vera e propria “caccia al tesoro” per le software house. Vediamo offerte di diverse centinaia di migliaia di euro per aggiornamenti, migrazioni in cloud, nuove procedure… ma in fondo, cambierà l’utilità e la produttività del Comune/della PA? Quanto, del fiume di denaro investito realmente impatterà in maniera positiva facendo in modo che si possano effettuare in minor tempo le stesse operazioni oppure, dando reali vantaggi al cittadino?

Attualmente, purtroppo, poco. E’ una corsa all’oro da parte dei commerciali delle software house, quando nella maggior parte dei casi i programmi utilizzati dalle pubbliche amministrazioni funzionano già in “modalità cloud” (nel senso, sono già strutturati per funzionare tramite Google Chrome, Mozilla Firefox o Edge). Quindi, chi ci guadagna? Lo avrete capito.

Senza trascurare il fatto che, sebbene i fondi consentano di poter pagare in anticipo i canoni di manutenzione e assistenza per qualche anno a venire, di quanto staremo aumentando le spese correnti del nostro Comune? Quando finiranno questi fondi avremo la possibilità di mantenere in piedi quello che abbiamo iniziato?

La nostra visione purtroppo è molto critica, ma deriva dal fatto che negli ultimi mesi stiamo vedendo offerte e preventivi da diverse decine di migliaia di euro per aggiornamenti che, in fondo, non potrano nulla di nuovo, mentre con la semplice migrazione dei server si potrebbero ottenere risparmi importanti, considerato che i fondi rimanenti (nella maggior parte dei casi, dai 40 ai 60 mila euro) possono essere utilizzati per altri progetti.

cyber security

Concludendo…

Crediamo nell’informatica come miglioramento dei processi e dei servizi per lo staff e per i cittadini. Come succede spesso, quando escono bandi si scatenano offerte commerciali e progetti che non sempre hanno lo stesso fine. Se desiderate ricevere aiuto per orientarvi e fare in modo che il denaro che state per ricevere sia investito in maniera utile ed efficace, non esitate a richiedere una prima valutazione da parte di un nostro Consulente certificato per la Transizione Digitale nella PA. E’ gratuito e soprattutto, possiamo assicurarvi che sarà etico.

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Articolo a cura di Roberto Finco

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